Quell'estate
del 1943 fu veramente una estate calda, in tutti i sensi, da non dimenticare
nemmeno per i secoli futuri. Avevamo in un articolo precedente parlato
dell'8 di agosto e di Antonino Saitta la vittima innocente sacrificata
sull'altare dell'idiozia umana.
Saltiamo a piè
pari di dieci giorni e ci ritroviamo al mercoledì 18 di agosto. I tedeschi
avevano finalmente completato alle 6,35 del giorno prima la ritirata al di
là dello stretto di Messina per continuare la loro dura e sanguinosa
resistenza per quasi altri due anni lungo tutto lo Stivale.
Fra i tedeschi
ritiratisi anche quei due che per una settimana avevano controllato con le
mitraglie nella contrada Firricchio la viabilità dall' Ionio al Tirreno. La
dinamite fu collocata sotto il ponte di Pietrafitta con l'innesco pronto al
fine di prevenire e di ritardare un eventuale ricongiungimento degli inglesi
con gli americani attraverso questa arteria che sulle mappe militari di
allora risultava completamente costruita.
Il caos era
completo come quello di prima della creazione del mondo, non c'era né Re né
regno, la parola d'ordine era si salvi chi può come scherzosamente ci
ricordava Agatino Minerva.
Così fecero i
soldati italiani di stanza a Mandanici anticipando l'armistizio dell'8
settembre. Stanchi della guerra che non condividevano abbandonarono camion e
munizioni e pure le divise e si sparpagliarono per ogni dove decisi a
ritornare vivi alle loro case, azione da non confondere con la codardia ma
dettata solo dalla lucida consapevolezza di trovarsi immersi in un
tritacarne senza via d'uscita.
Il 18 agosto,
appena i tedeschi abbandonarono la Sicilia, il Podestà Arturo Lenzo, fu
spodestato da una cinquantina di cittadini maschi e femmine che al coperto
di improbabili ritorsioni presero il coraggio a due mani e vocianti si
recarono presso la casa del Podestà posta in questo Vico IV° Roma n.4 e gli
intimarono di consegnare le chiavi del portone del Municipio.
Il Podestà dopo
una lunga e concitata trattativa accondiscese per evitare pericoli peggiori
ed in quel preciso istante non fummo più fascisti, fummo comunisti,
repubblicani, liberali, fummo tutti, o quasi, antifascisti, fummo tutti, o
quasi, camaleonti.
Le tessere del
PNF scomparvero d'incanto, bruciate, strappate, nessuno ne aveva mai avuta
una, gli ideali del ventennio furono seppelliti per sempre, tutti, nessuno
escluso, diventammo antifascisti. Il primo comandamento era
diventato:sopravvivere.
Giuseppe Loteta,
grande giornalista del Messaggero di Roma, allora ancora bambino quel 18
agosto si recò a piedi nella vicina Roccalumera con altri amichetti e così
ebbe modo di descrivere quei momenti così importanti vissuti in prima
persona mentre le navi alleate si avviavano verso lo stretto: “mai
più viste tante insieme, l'una dietro l'altra o a fianco all' altra. Il mare
era completamente coperto dalla marina angloamericana”.