28 ottobre 2010
Giuseppe la Scala
Abbiamo
ricevuto dal Sindaco di Mandanici Armando Carpo, nell’ambito di un progetto
culturale, l’invito di riportare alla luce i nostri personaggi storici più
rappresentativi per collocarli nella giusta dimensione che meritano al fine
di evitare che scompaiano per sempre nell’oblio. Abbiamo accettato di buon
grado l'invito e si è ritenuto opportuno in questa prima fase portare alla
luce la figura di Giuseppe La Scala, comunemente noto come Peppino, vissuto
in anni che possono essere definiti oscuri e tristi ma che egli seppe
sapientemente contrastare con la luce della verità e con la forza della sua
religione.
Questa
sintetica ricostruzione vuole essere un modesto contributo per valorizzare
la figura del nostro pastore metodista che nel periodo in cui visse ha
goduto in paese di un’ampia e condivisa reputazione non solo per l’atmosfera
gradevole che emanava dal suo altero portamento fisico ma anche e
soprattutto per il profondo senso di giustizia e libertà che ne connotava le
sue azioni quotidiane. Si vuole evitare che anche il nome di Giuseppe La
Scala vada sepolto nella polvere del tempo che passa e dalla indifferenza di
una terra che sembra spesso abbia voglia di cancellare il proprio passato.
E’ doveroso conservare un posto in prima fila al nostro pastore metodista
insieme agli altri grandi che hanno segnato la storia di questo nostro
piccolo paese.
Storia fatta
di tante piccole storie che prese singolarmente possono sembrare a prima
vista insignificanti ma che sommate e interpolate l'una all'altra danno la
dimensione di come si evolve il tessuto sociale, di come si cambia, di come si
cresce anche in un piccolo contesto geografico.
Per farlo ci
sembra opportuno inquadrare il paese di Mandanici iniziando con un tuffo nel
passato, con un tuffo nel contesto storico della santa inquisizione che fu
tanto feroce e brutale quanto inutile con l’esecuzione pubblica di
protestanti e miscredenti.
Domenico
Pellizzeri, Giovan Battista Pellizzeri, Minico Santoro, Matteo de Micheli tanto per citarne alcuni, furono i martiri mandanicesi che nel sedicesimo
secolo furono ammazzati perché luterani.
Mandanici ha
subito più di qualsiasi altro paese del nostro circondario la violenza della
Chiesa cattolica nei confronti di quanti erano accusati dei reati d’eresia,
reati spirituali che si manifestavano nella povertà, nel bisogno di
ritornare alle antiche comunità cristiane, nella necessità di creare un
rapporto immediato e diretto con Dio senza bisogno d'intercessione o di
raccomandazioni.
Questi animi
ribelli presenti sul nostro territorio non si sono mai estinti, hanno
lasciato semi duraturi che sono germogliati nei momenti in cui maggiore era
il bisogno di verità, di libertà e di giustizia. I martiri protestanti di Mandanici con il loro sangue sono riusciti a innaffiare una terra di animi
forti e liberi.
Il perché dei
protestanti a Mandanici nonostante la presenza del monastero della SS.
Annunziata di Mandanici, nonostante i tanti preti cattolici non è semplice da
capire,almeno per noi. Avrebbero potuto scegliere altri paesi ove nascere e
crescere. Invece nascono e crescono all’interno di un paese che potrebbe
considerarsi blindato per la tanta presenza cattolica che ancora oggi si
respira e per le tante Chiese costruite e sparse in ogni angolo del
territorio.
O forse da
una costola delle tante presenze religiose si sono staccati frammenti di
contestazione seguendo l’esempio del monaco Martin Lutero?
In questo
paese dai contorni così illuminati ove convivono più credi religiosi nasce
Giuseppe La Scala il 7 ottobre del 1877 in Via Terranova al civico 15 da
Giovanni e da Antonina Longo. (oggi il toponimo Via Terranova non esiste più
in quanto sostituito dalla Via Fabrizi, la sua casa di nascita si trova sul
Corso Mazzullo al civico 20, che nel 1877 ancora non era stato costruito,a
sud della fontana Terranova).Il 12 luglio del 1900 sposa a Roccalumera col
rito civile Erminia Carmela Argiroffi con la quale avrà 7 figli (Nina 1901; Clelia
1903; William 1905; Lidia 1907; Daniele 1909; Ester 1912; Arnaldo 1915).
Muore
serenamente nel Signore a Roccalumera il 17 agosto 1961 all’età di 83 anni.
I funerali furono celebrati dal pastore metodista Angelo Incelli. Riposa nel
locale cimitero di Roccalumera.
La famiglia
di Giuseppe (quella dei Longo in particolare) era una famiglia di un certo
spessore sociale ed economico appartenendo alla categoria dei pochi
privilegiati proprietari terrieri. La proprietà in quei tempi era
appannaggio di pochi mentre la maggior parte della gente era costretta a
lavorare i terreni altrui in una forma di mezzadria dai connotati simili
allo sfruttamento.
Il padre di
Peppino oltre a essere un piccolo proprietario era anche un bravo falegname
e fu Sindaco del Comune di Mandanici dall’ottobre 1880 al dicembre 1889.
Morì a Napoli nel 1935 mentre era ospite dei figli Silvio e Giuseppe e venne
sepolto nel cimitero protestante di Soccavo, un quartiere della stessa città
napoletana. Giovanni è stato uno strenuo sostenitore e militante socialista
e contribuì alla creazione del fascio di Nizza di Sicilia. Professava la
religione evangelica.
La madre di
Giuseppe morì il 13 novembre 1877 a diciannove anni e dopo soli trentasette
giorni dalla nascita di Giuseppe.
In questo
ambiente familiare permeato di fede,anzi come lui stesso ebbe a scrivere
ambiente saturo di affetto, Giuseppe assaporò i primi insegnamenti
evangelici che lo guideranno e lo accompagneranno per il resto della sua
vita. Ebbe pure modo di crescere con gli insegnamenti della dottrina
socialista in controtendenza con lo spirito illiberale che serpeggiava in
quegli anni.
A rafforzare
il suo credo religioso influì pure in modo forte la testimonianza evangelica
presente a Mandanici in misura ragguardevole guidata inizialmente dal
ministro di culto Gaetano Scuderi e successivamente dai figli dello stesso,
Malachia, Daniele e Costantino.
I Metodisti
avevano e hanno le loro regole di vita religiosa scritte nelle sacre
scritture (Antico e Nuovo testamento).Con le altre confessioni
(cattolica, ortodossa) hanno in comune le preghiere del Credo e del Padre
nostro mentre le differenze più significative emergono sui Sacramenti, sul
culto dei Santi o di Maria.
E’ importante
sottolineare pure la caratteristica metodista di autorizzare dei semplici
laici di elevato valore morale alla predicazione dopo aver loro impartito
una accurata preparazione teologica.
Gli
evangelici di Mandanici tenevano il loro culto in una stanza a piano terra
della casa di Gaetano Scuderi successivamente trasferita a sua nipote sposa
del capitano di marina Eugenio Petrelluzzi, oggi appartiene alla famiglia di
Matteo Scoglio.
La scuola
domenicale era riservata ai bambini che venivano indirizzati verso il credo
evangelico e nello stesso tempo venivano intrattenuti con attività
ricreative.
Negli anni
subito dopo il ventennio fascista la stanza venne adibita a camera
dove la classe contadina meno facoltosa si incontrava per giocare a carte e
bere un bicchiere di buon vino locale.
Gli
evangelici non si dedicarono esclusivamente al culto ma istituirono, sempre
nella stessa sala, anche dei corsi di alfabetizzazione affidati al maestro
socialista Luigi Tracuzzi per consentire una migliore integrazione sociale
delle classi più deboli e questo a prescindere dalla loro appartenenza
evangelica o dalla loro partecipazione ai riti religiosi.
Non solo
Giuseppe La Scala ebbe i primi rudimenti evangelici ma anche Domenico Lo
Presti che ad appena 11 anni partì per l’America portandosi dietro gli
insegnamenti ricevuti e dove divenne Pastore Battista di grosso livello
mondiale.
La creazione
della sala non creò nella comunità cattolica, come in altri contesti, una
guerra santa contro gli evangelici che certamente, in tale sciagurata
evenienza, invece di indebolirli sarebbero stati sospinti a stringersi
compatti attorno al loro credo per sostenere da veri discepoli la lotta
religiosa.
Una risposta
venne solo dalla Giunta comunale. In contrapposizione alla scuola aperta
dagli evangelici l'Amministrazione dell'epoca istituì un corso serale
affidandone la gestione a padre don Concetto Barbera.
Per
sottolineare meglio la grande apertura mentale della popolazione di
Mandanici nei confronti di un culto che per lo Stato italiano era solo
tollerato e non ammesso basti ricordare come con quanta lungimiranza
l’Amministrazione dell’epoca, su specifica richiesta del Ministro evangelico
Gaetano Scuderi, gli concesse uno spazio all’interno del cimitero comunale
ove costruire una cappella destinata esclusivamente alla tumulazione dei
protestanti che pur essendo una minoranza avevano tutti i sacrosanti diritti
di essere tutelati e garantiti dalle istituzioni.
Anche questo
spazio riservato era un modo efficace per rafforzare lo spirito di
appartenenza dei tanti componenti della famiglia evangelica.
Mandanici con
la sua vocazione laica anticipava i tempi ponendo il problema della laicità
dello Stato e non si atteneva alle disposizioni dell’art. 1 dello Statuto
Albertino del 4 marzo 1848 che prevedeva nella cattolica la sola religione
di Stato,mentre gli altri culti esistenti erano tollerati conformemente alle
leggi.
La
costituzione siciliana dell’11 febbraio 1848 promulgata dal cattolicissimo
Ferdinando II era ancora più dura nei confronti delle confessioni diverse
dalla cattolica infatti all’art. 3 si affermava che “ l’unica religione
dello Stato sarà sempre la cristiana cattolica apostolica romana,senza che
possa mai essere permesso l’esercizio di alcun’altra religione”. Il Re
soleva dire che il Regno era difeso per tre parti dall’acqua di mare per il
quarto rimanente dall’acqua santa. In questa situazione non era certamente
facile non essere cattolici,solo gli spiriti liberi seppero contrastare
questi regali eccessi confessionali.
La delibera
di concessione dell’area cimiteriale per la costruzione di una edicola
funeraria è del 17 ottobre 1885 in seguito alla richiesta dello Scuderi che
era del tenore seguente: ”ai signori componenti la
giunta municipale di Mandanici. Come le SS.VV. non isconoscono in questo
pubblico cimitero e propriamente nel quadrato destinato agli
acattolici,trovansi seppelliti gli avanzi della figlia del sottoscritto
Giuseppina decessa nel gennaro dell’anno 1884; ed or siccome lo scrivente
Ministro Evangelico nutre il desiderio,che accanto alla tomba della propria
figlia eriga una edicola per così in seguito venire seppellite altre persone
della sua famiglia e sino al grado di parentela consentito dal Regolamento
mortuario di questo Comune, prega le SS.VV. perché si piacciano accordare
l’analogo permesso per tanto praticare dichiarando essere pronto a fare il
pagamento per indennizzo dell’espropria terreno che sarà per occupare per la
costruzione di detta edicola,sottoponendosi a tutti gli obblighi che gli
verranno imposti e consentiti dalle leggi generali e relativo regolamento.
Mandanici 15 settembre 1885 firmato Gaetano Scuderi Ministro evangelico”
Essendo
l’edicola completamente abbandonata, nel pieno degrado ambientale e di
pericolo per la pubblica incolumità nel novembre del 1993 il Sindaco di
allora Giuseppe Magaraci ordinò la traslazione dei quattro scheletri ivi
presenti facendoli inumare nella fossa comune presente nella chiesetta
cimiteriale e con altra ordinanza diede incarico alla ditta locale di
Carmelo Scoglio di provvedere ai lavori di demolizione.
Nel 1998 la
signora Ada Petrelluzzi da Pietrasanta erede di Gaetano Scuderi contestò al
Comune l’avvenuta demolizione. Essendo però abbondantemente scaduti i tempi
della concessione, senza che sia mai pervenuta richiesta di rinnovo, ed
essendo andati a vuoto tutti i tentativi di ricerca degli eventuali eredi
titolari della concessione, l’Amministrazione per prevenire guai peggiori ha
ritenuto giusto procedere alla demolizione. La vertenza prima di iniziare
sembra comunque essersi bonariamente chiusa.
Nel frattempo
Giuseppe cresceva, divenne un bel giovine e fu arruolato nella marina
militare a diciotto anni per il servizio di leva obbligatorio di 48 mesi.
Dopo un primo addestramento sulla corazzata Italia partì a dicembre
del 1897 in giro per il mondo a bordo dell’unità della regia marina
l’incrociatore protetto (corazzato) Calabria.
Il
Calabria, del quale il nostro marinaio ci ha lasciato qualche foto, a
differenza delle altri navi della Classe Regioni, aveva tre alberi e un solo
fumaiolo. Aveva una lunghezza di mt. 81 e la larghezza di mt. 12,71. Durante
la guerra lampo ispano-americana fu destinato al mar delle Antille a
salvaguardia degli interessi italiani. Questa nave rappresentò per Giuseppe
la sua casa per circa due anni, i suoi commilitoni la sua famiglia.
Per
trascorrere il tempo si dedicò alla tenuta di un suo personale diario di
bordo dal titolo Campagna d’America nel quale annotò le sue
emozioni, le sue sensazioni, gli avvenimenti a cui assistette, la bellezza dei
paesi visitati.
Che non sia
stato per lui un divertimento il servizio militare di leva si legge a
margine di una foto scattata nell’ospedale di bordo della nave dove annota “il
periodo della vita militare che lascia grato ricordo nell’animo di un
soldato è quello in cui egli può passarla nell’ospedale sia o si dica
ammalato. Tranquillo lungi dall’orgia perfida,al sicuro delle persecuzioni
dei superiori”
Nonostante
l’insofferenza per il servizio militare lo svolse in maniera ineccepibile.
Emilio
Franzina nella sua prefazione al diario trascritto interamente da Giulio
Vicentini scrive di La Scala: “Ad onta
delle sue simpatie socialiste,La Scala non è poi,propriamente,un sovversivo
e registra senza approvarli,ma con spirito acuto di comprensione tanti
episodi inerenti la missione del Calabria che mettono in luce le mille
contraddizioni del fenomeno migratorio gestito invece a senso unico”.
Finito il 31
dicembre 1899 il lungo servizio militare di leva Giuseppe mette su famiglia
sposando, alcuni mesi dopo lo sbarco, Erminia Carmela Argiroffi residente
nella vicina Roccalumera ma certamente nel cognome ci sono gli elementi
sufficienti per considerarla originaria di Mandanici. Decidono di abitare a
Mandanici nella casa antistante la sala evangelica, oggi di proprietà di
Carmelo Famà, diventa così inevitabile e naturale per lui riallacciare i
rapporti di fede con i fratelli Costantino e Malachia Scuderi.
Nel 1902
aiuta Malachia Scuderi nella sua opera di evangelizzazione e nel febbraio
del 1904 dà la sua adesione formale alla Chiesa metodista e con l'aiuto del
Presidente anziano Stasio contribuisce all'apertura di una nuova sala nella
vicina Nizza di Sicilia.
Il 28 aprile
1905 avendo dimostrato tutte le sue capacità di predicazione venne promosso
“predicatore locale” dal soprintendente W.N.Clark, diventando così il
diciannovesimo predicatore locale sui quarantotto complessivamente presenti
in Italia.
Nel luglio
del 1905 fu eletto consigliere comunale.
Nell'agosto
del 1905 essendo partito Malachia Scuderi da Mandanici,l'incarico di
predicatore venne affidato a La Scala il quale accettò con tanta paura non
essendo sicuro delle sue capacità per l'assolvimento del nuovo gravoso
impegno.
Malachia
Scuderi morì a Messina il 27 novembre 1907 e “il popolo da lui educato” pose
una lapide sulla facciata della casa paterna ove pure si trovava la sala
evangelica.
Negli anni
che vanno dal 1907 al 1911 Giuseppe La Scala si interessò della diaspora
abruzzese con sede in Atessa,successivamente fu trasferito a Brancaleone in
provincia di Reggio Calabria e dopo meno di un anno a Reggio Calabria.
Il 23 maggio
del 1909 ricevette a Venezia l’ordinazione a Diacono della chiesa metodista
episcopale (Methodist Episcopall Church) dalle mani del Vescovo Earl
Cranston. Nel diploma di nomina sul nome Giuseppe sono evidenti i tre
puntini della crittografia massonica che andrebbero meglio approfonditi in
quanto La Scala venne iniziato alla loggia massonica “Michele Bello” di
Siderno solo il 25 aprile 1911 come apprendista,l’8 gennaio del 1912 fu
promosso a compagno d’arte (secondo grado della gerarchia massonica) e anche
a maestro (terzo e ultimo grado indispensabile per accedere ai riti
massonici). E’ noto come in Italia numerosi pastori metodisti appartenenti
alla missione episcopale trovarono ospitalità nei templi massonici. La Scala
fu uno di questi insieme al battista Bruno Saccomani e non si capisce il
perché considerato che i metodisti e i protestanti in generale hanno
guardato con una certa diffidenza la massoneria legata a troppi segreti e a
correnti di pensiero positiviste e deiste come annota Augusto Comba nel suo
volume “Valdesi e massoneria. Due minoranze a confronto” edito da Claudiana
nel 2000. Sembra comunque quasi certo che La Scala fosse un massone almeno
in questa fase della sua vita.
L’11 maggio
del 1913 a Napoli fu ordinato Anziano (Elder) dal Vescovo predicatore John
Louis Nuelsen cittadino tedesco e statunitense. In questo secondo diploma
non compaiono i tre puntini sul nome Giuseppe né altrove.
L’Italia
entrò nella prima guerra mondiale e Giuseppe ormai avanti negli anni fu
richiamato alle armi.
Il 31 marzo
del 1916 partì da Reggio Calabria, ove esercitava il suo ministero di
Anziano metodista e dove risiedeva con la sua numerosa famiglia fin dal
1912, per andare al fronte.
Nel febbraio
del 1918 gli furono conferiti dal Ministero della difesa i gradi di Tenente
cappellano.
Nell’aprile
del 1918 mentre si trovava sotto le armi come cappellano ricevette la
notizia che la conferenza annuale metodista lo aveva nominato Ministro sotto
prova. Il nuovo incarico lo stimolò ad affrontare al meglio i nuovi impegni
che gli furono affidati e spero che il Signore mi
darà la capacità e la possibilità di assolverli.
Il suo
impegno di cappellano militare con il grado di Tenente durò dal primo
febbraio del 1918 al 20 febbraio 1919 quando con sollievo annota ebbi
anch’io il congedo.
Fu uno dei
tre cappellani metodisti, insieme a Ferreri e Postici, nominati dal
Ministero della guerra per assistere i soldati evangelici in prima linea.
Non
dimenticando le sue attitudini di discreto narratore tenne un nuovo diario
dal titolo Guerra al regno della guerra .Con molta umiltà
sulla qualità della sua scrittura e un pizzico d’invidia in un passo del
diario del 19 maggio 1916 scrive: “ vorrei possedere la penna di De
Amicis o di Luigi Barzini per poter descrivere a tinte vive e fedeli ciò che
in questo momento si svolge davanti a me nella vasta zona che si può
abbracciare da quassù”. Nella semplicità e linearità della sua scrittura
c’è lo specchio del suo modo di essere disponibile,generoso e disinteressato
al servizio di Dio.
Nel suo
diario abbiamo avuto la possibilità di leggere sprazzi di storie vere della
prima guerra mondiale diligentemente raccontate da chi l’ha dovuta subire e
non quella raccontata dagli storici o dai vincitori che comodamente seduti a
tavolino ci hanno propinato.
In una sua
riflessione del 15 maggio 1916, dopo il bombardamento di Asiago lascia
trasparire tutte le sue inquietudini sulla bruttezza della guerra che
scaglia inconsideratamente fratelli contro fratelli
Riflessioni
cristiane che si sono accentuate dopo la notizia del suo trasferimento come
pastore evangelico alla 12^ compagnia di sanità che avvenne il 31 maggio del
1916.
Dopo qualche
anno trascorso tra Palermo, Taormina (in convalescenza) e Reggio Calabria
dovette rientrare al fronte ridiventando patriota perché Dio
ha disposto che io ancora dia il mio modesto contributo a
questa grande lotta che si combatte per il trionfo della libertà,della
giustizia e della pace nel mondo.
La prima cosa
che ci ha colpiti leggendo e rileggendo il diario è la mancanza di qualsiasi
riferimento al suo paese natale Mandanici. Non sappiamo se l’omissione sia
voluta o solo involontaria.
Qualche
riferimento indiretto a Mandanici lo si riscontra negli incontri voluti e
casuali avuti con alcuni compaesani sui fronti di guerra. Peppe Mafale
incontrato a Giarabassa il 5 marzo del 1918 senza aggiunta di osservazioni
se non che è diventato suo attendente . Giovannino Argiroffi, che diventerà
Sindaco di Mandanici alla caduta del fascismo, ateo ,impenitente,
sprezzante, ed oggi, tre anni di esperienze spirituali, di
sofferenze, di pericoli lo hanno mutato. Proprio mutato perché è
calmo, paziente, sereno e fiducioso. Oh la potenza della fede! e suo
fratello Ciccio Argiroffi un po’ in mal arnese stando su in trincea, però
è sano e molto tranquillo. Sembra acclimatato. Il caporal maggiore
Manlio Scuderi incontrato il 15 maggio del 1918 a nord di Asolo in una casa
colonica e il 24 ottobre in una stretta trincea fangosa poi
deceduto il 29 ottobre 1918 colpito da una pallottola in gola nell’attacco
del Fener e poi rivede, questa volta nei ricordi giovanili, il suo compagno
di fede Costantino Scuderi anima santa di eroe,e, nella rievocazione, mi
trovo con lui attraverso i vari paesi nostri portatore di una parola di
elevazione e di redenzione. Ma quanta distanza da quei giorni,quanti
avvenimenti! Costantino scomparso, io lanciato in diversa via, anch’essa
santa, certamente più santa ed oggi soldato,quassù combattente per la buona
causa.
Costantino
Scuderi sembra sia rimasto vittima a Messina durante il terremoto del
dicembre 1908.
Il 5 novembre
1918 annota con enfasi nel suo diario: Finita! Che parola magica! Par
quasi di sognare! Tre anni e mezzo di guerra, di dolore, di spasimi, di
trepidazioni, di pericoli son passati! Ecco la fine e con essa la gloria,il
trionfo! E con essa la liberazione dei fratelli oppressi e la pace completa,
definitiva, duratura! Ecco la fine della nostra guerra che preludia, perché
l’accelera, la fine di tutta la guerra mondiale! E’ un miracolo!un miracolo!
Non è sogno ma gloriosa realtà!
Finita la
guerra Giuseppe La Scala tornò a Reggio Calabria a continuare il suo
apostolato di pastore metodista apprezzato e amato dai suoi confratelli.
Riuscì a
superare nel 1920 una grave e lunga malattia dovuta molto probabilmente alla
cosiddetta spagnola che in quell'anno infuriava mietendo numerose vittime.
Per una
persona normale sarebbe più che sufficiente per tirare i remi in barca e
trascorrere il resto della vita in tranquillità, ma il nostro pastore
evangelico ancora ha molto lavoro da fare al servizio della gente.
Il nostro
compaesano, infatti, nel 1927 fu inviato a prestare la sua opera di
evangelizzazione a Genova-Sestri levante e nel 1932 nella città di Napoli,in
Via Cimbri, fino al 1936 quando fu collocato in pensione (emeritato) per
raggiunti limiti di età.
Nel 1932, in
pieno regime fascista, diede alle stampe “culti ammessi, non più tollerati”
stampato dalla tipografia Portosalvo di Via Canestrani 5 in Napoli.
Sentì
l'esigenza di pubblicare l'opuscoletto,composto da sedici pagine, “poiché
accade di imbattersi in taluni sconsigliati i quali credono sia lecito
offendere e ostacolare l'opera delle nostre Chiese,qualche volta
anche,abusando,in nome del fascismo,di cui,se pure portano il
distintivo,certamente non hanno compreso né la dottrina,né lo
spirito,crediamo utile e opportuno dire la nostra parola”
E' una dura
reprimenda contro la Chiesa cattolica che a suo dire intende tenere i
cattolici lontani dai protestanti “per evitare il contagio” e
per garantirsi l'assoluta presenza sul territorio nazionale. Per ottenere
questi risultati la Chiesa cattolica utilizzava, a dire di La Scala,
argomentazioni fuori di ogni logica. I protestanti venivano accusati di
essere d'importazione straniera dimenticando che Dio non ha Patria; sono
stati accusati di antitalianità pur sapendo che i protestanti sono stati da
sempre leali sia verso la Patria sia sui campi di lavoro e sia su quelli
dell'onore; sono stati accusati di essere antifascisti, anche ciò per La
Scala non risulta al vero anzi questo atteggiamento della Chiesa cattolica è
“falso e tendenzioso!”
Con la legge
del 24 giugno 1929 i vari culti acattolici furono dichiarati ammessi e non
più tollerati pertanto vennero a crollare tutte le insinuazioni poste in
essere dai cattolici.
I protestanti
furono grati al governo fascista per le nuove leggi emanate “fedeli ed
obbedienti alle leggi dello Stato e si sentono onorati di potere
cooperare allo sviluppo della Patria”e si auguravano che l'Italia “possa
divenire,spiritualmente e moralmente,la prima nazione del mondo,come lo è
per la magnificenza del suo cielo,del suo mare e della sua natura”
L'essere
stato collocato in pensione non fermò la sua attività di evangelizzazione e
di organizzazione dei fratelli più giovani. Dopo essersi avvicinato al suo
paese natio si mise a disposizione dei fratelli evangelici di Rocchenere e
di Roccalumera nonchè di quelli di Messina tanto da essere ricordato dal
pastore Colucci nelle sue relazioni annuali come esempio per gli altri pieno
com'era di una dirittura morale alta e ineccepibile.
Nel novembre
del 1943 a Mandanici si verificò una grossa manifestazione di protesta
contro il Sindaco Giovanni Argiroffi,nominato dal Governo alleato
nell'agosto dello stesso anno. In quella occasione i reali Carabinieri
andarono giù di brutto nei confronti dei manifestanti tra i quali molte
donne. Il nostro Peppino sentendo tutta quella confusione uscì in strada
cercando di calmare gli animi ma nello stesso tempo con atteggiamento
severo e critico si rivolse ai carabinieri affinché non fossero toccate
nemmeno con un dito le donne che dimostravano ed in particolare tutelò una
sua vicina di casa “a zzà Cicca” la zia Francesca che veniva spintonata con
veemenza. Di fronte a quella imponente figura i reali abbassarono il tono
del loro intervento nei confronti di tutti.
Subito dopo
la fine del conflitto della seconda guerra mondiale fu richiamato nuovamente
dalla sua Chiesa evangelica a seguire i metodisti di Salerno,cosa che fece
con grande impegno dal 1947 al 1951 lasciando di se apprezzamenti ampiamente
riconosciuti in quanti ebbero il piacere di frequentarlo.
Durante il
periodo della sua evangelizzazione a Salerno diede alle stampe un
opuscoletto di otto paginette dal titolo “del cambiare religione”edito dalla
Chiesa evangelica di Salerno-Grafica Di Giacomo. Attaccò con veemenza la
Chiesa cattolica quando questa invita i propri credenti a non cambiare
religione,a conservare la religione dei loro padri. La Scala sottolinea nel
suo opuscoletto che “non è cambiare religione
passare dal papismo alla religione evangelica. E',invece,(cambiare
religione) rimanere nell'ambito del Cristianesimo di Cristo,spoglio delle
deturpazioni che,attraverso i secoli,ad opera della chiesa romana,si sono
venute accumulando,sfigurandolo e dandogli una fisionomia che lo fa
somigliare più al fastoso materialistico paganesimo d'altri tempi che al
puro,semplice,santo Cristianesimo del Maestro Gesù,degli Apostoli e dei
cristiani primitivi”
Chiusa
definitivamente quest'altra fase missionaria del suo apostolato nel 1951
ritornò in Sicilia facendo la spola tra Mandanici e Roccalumera. A Mandanici
partecipò attivamente alle campagne politiche facendo dei comizi molto
seguiti e apprezzati a favore dei partiti di sinistra non dimenticando le
sue radici comuniste. Chiuse gli occhi nel Signore a Roccalumera il 17
agosto del 1961 a causa dei postumi delle ferite riportate in un incidente
stradale causato da un motorino mentre passeggiava a piedi.
Giuseppe La
Scala è stata una delle più importanti figure di riferimento protestante
dell'Italia meridionale,il paese di Mandanici, pertanto, può andare fiero
per aver dato i natali a questo illustre concittadino.
I suoi
contemporanei forse non lo apprezzarono a sufficienza,i nostri contemporanei
hanno l'obbligo storico di rivalutarne l'immagine e il ricordo, magari nella
toponomastica con la intestazione a suo nome della strada che collega la
fontana Terranova al corso Mazzullo,strada ove il nostro venne alla luce nel
lontano 1877.
Bibliografia:
Appunti
volanti del prof. Daniele Macris
Appunti
volanti della figlia Nina La Scala
Diario di
guerra di un cappellano metodista durante la prima guerra mondiale a cura di
Giulio Vicentini con la prefazione di Giorgio Rochat
Diario di un
marinaio di leva a cura di Giulio Vicentini con la prefazione di Emilio
Franzina
Delibera di
G.M. n.316 del 19-11-1994
Ricordi da
fonti orali |