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28 ottobre 2010

Giuseppe la Scala 

Ingrandimento immagineAbbiamo ricevuto dal Sindaco di Mandanici Armando Carpo, nell’ambito di un progetto culturale, l’invito di riportare alla luce i nostri personaggi storici più rappresentativi per collocarli nella giusta dimensione che meritano al fine di evitare che scompaiano per sempre nell’oblio.  Abbiamo accettato di buon grado l'invito e si è ritenuto opportuno in questa prima fase portare alla luce la figura di Giuseppe La Scala, comunemente noto come Peppino, vissuto in anni che possono essere definiti oscuri e tristi ma che egli seppe sapientemente contrastare con la luce della verità e con la forza della sua religione.  

Questa sintetica ricostruzione vuole essere un modesto contributo per valorizzare la figura del nostro pastore metodista che nel periodo in cui visse ha goduto in paese di un’ampia e condivisa reputazione non solo per l’atmosfera gradevole che emanava dal suo altero portamento fisico ma anche e soprattutto per il profondo senso di giustizia e libertà che ne connotava le sue azioni quotidiane. Si vuole evitare che anche il nome di Giuseppe La Scala vada sepolto nella polvere del tempo che passa e dalla indifferenza di una terra che sembra spesso abbia voglia di cancellare il proprio passato. E’ doveroso conservare un posto in prima fila al nostro pastore metodista insieme agli altri grandi che hanno segnato la storia di questo nostro piccolo paese.

Storia fatta di tante piccole storie che prese singolarmente possono sembrare a prima vista insignificanti ma che sommate e interpolate l'una all'altra danno la dimensione di come si evolve il tessuto sociale, di come si cambia, di come si cresce anche in un piccolo contesto geografico. 

Per farlo ci sembra opportuno inquadrare il paese di Mandanici iniziando con un tuffo nel passato, con un tuffo nel contesto storico della santa inquisizione che fu tanto feroce e brutale quanto inutile con l’esecuzione pubblica di protestanti e miscredenti.

Domenico Pellizzeri, Giovan Battista Pellizzeri, Minico Santoro, Matteo de Micheli  tanto per citarne alcuni, furono i martiri mandanicesi che nel sedicesimo secolo furono ammazzati perché luterani.

Mandanici ha subito più di qualsiasi altro paese del nostro circondario la violenza della Chiesa cattolica nei confronti di quanti erano accusati dei reati d’eresia, reati spirituali che si manifestavano nella povertà, nel bisogno di ritornare alle antiche comunità cristiane, nella necessità di creare un rapporto immediato e diretto con Dio senza bisogno d'intercessione o di raccomandazioni.

Questi animi ribelli presenti sul nostro territorio non si sono mai estinti, hanno lasciato semi duraturi che sono germogliati nei momenti in cui maggiore era il bisogno di verità, di libertà e di giustizia. I martiri protestanti di Mandanici con il loro sangue sono riusciti a innaffiare una terra di animi forti e liberi.

Il perché dei protestanti a Mandanici nonostante la presenza del monastero della SS. Annunziata di Mandanici, nonostante i tanti preti cattolici non è semplice da capire,almeno per noi. Avrebbero potuto scegliere altri paesi ove nascere e crescere. Invece nascono e crescono all’interno di un paese che potrebbe considerarsi blindato per la tanta presenza cattolica che ancora oggi si respira e per le tante Chiese costruite e sparse in ogni angolo del territorio.

O forse da una costola delle tante presenze religiose si sono staccati frammenti di contestazione seguendo l’esempio del monaco Martin Lutero?  

In questo paese dai contorni così illuminati ove convivono più credi religiosi nasce Giuseppe La Scala il 7 ottobre del 1877 in Via Terranova al civico 15 da Giovanni e da Antonina Longo. (oggi il toponimo Via Terranova non esiste più in quanto sostituito dalla Via Fabrizi, la sua casa di nascita si trova sul Corso Mazzullo al civico 20, che nel 1877 ancora non era stato costruito,a sud della fontana Terranova).Il 12 luglio del 1900 sposa a Roccalumera col rito civile Erminia Carmela Argiroffi con la quale avrà 7 figli (Nina 1901; Clelia 1903; William 1905; Lidia 1907; Daniele 1909; Ester 1912; Arnaldo 1915).

Muore serenamente nel Signore a Roccalumera il 17 agosto 1961 all’età di 83 anni. I funerali furono celebrati dal pastore metodista Angelo Incelli. Riposa nel locale cimitero di Roccalumera.  

La famiglia di Giuseppe (quella dei Longo in particolare) era una famiglia di un certo spessore sociale ed economico appartenendo alla categoria dei pochi privilegiati  proprietari terrieri. La proprietà in quei tempi era appannaggio di pochi mentre la maggior parte della gente era costretta a lavorare i terreni altrui in una forma di mezzadria dai connotati simili allo sfruttamento.  

Il padre di Peppino oltre a essere un piccolo proprietario era anche un bravo falegname e fu Sindaco del Comune di Mandanici dall’ottobre 1880 al dicembre 1889. Morì a Napoli nel 1935 mentre era ospite dei figli Silvio e Giuseppe e venne sepolto nel cimitero protestante di Soccavo, un quartiere della stessa città napoletana. Giovanni è stato uno strenuo sostenitore e militante socialista e contribuì alla creazione del fascio di Nizza di Sicilia. Professava la religione evangelica.

La madre di Giuseppe morì il 13 novembre 1877 a diciannove anni e dopo soli trentasette giorni dalla nascita di Giuseppe.  

In questo ambiente familiare permeato di fede,anzi come lui stesso ebbe a scrivere ambiente saturo di affetto, Giuseppe assaporò i primi insegnamenti evangelici che lo guideranno e lo accompagneranno per il resto della sua vita. Ebbe pure modo di crescere con gli insegnamenti della dottrina socialista in controtendenza con lo spirito illiberale che serpeggiava in quegli anni.

A rafforzare il suo credo religioso influì pure in modo forte la testimonianza evangelica presente a Mandanici in misura ragguardevole guidata inizialmente dal ministro di culto Gaetano Scuderi e successivamente dai figli dello stesso, Malachia, Daniele e Costantino.

I Metodisti avevano e hanno le loro regole di vita religiosa scritte nelle sacre scritture (Antico e Nuovo testamento).Con le altre confessioni (cattolica, ortodossa) hanno in comune le preghiere del Credo e del Padre nostro mentre le differenze più significative emergono sui Sacramenti, sul culto dei Santi o di Maria.

E’ importante sottolineare pure la caratteristica metodista di autorizzare dei semplici laici di elevato valore morale alla predicazione dopo aver loro impartito una accurata preparazione teologica.  

Gli evangelici di Mandanici tenevano il loro culto in una stanza a piano terra della casa di Gaetano Scuderi successivamente trasferita a sua nipote sposa del capitano di marina Eugenio Petrelluzzi, oggi appartiene alla famiglia di Matteo Scoglio.

La scuola domenicale era riservata ai bambini che venivano indirizzati verso il credo evangelico e nello stesso tempo venivano intrattenuti con attività ricreative.

Negli anni subito dopo il ventennio fascista la stanza venne adibita a camera dove la classe contadina meno facoltosa si incontrava per giocare a carte e bere un bicchiere di buon vino locale.

Gli evangelici non si dedicarono esclusivamente al culto ma istituirono, sempre nella stessa sala, anche dei corsi di alfabetizzazione affidati al maestro socialista Luigi Tracuzzi per consentire una migliore integrazione sociale delle classi più deboli e questo a prescindere dalla loro appartenenza evangelica o dalla loro partecipazione ai riti religiosi.

Non solo Giuseppe La Scala ebbe i primi rudimenti evangelici ma anche Domenico Lo Presti che ad appena 11 anni partì per l’America portandosi dietro gli insegnamenti ricevuti e dove divenne Pastore Battista di grosso livello mondiale.

La creazione della sala non creò nella comunità cattolica, come in altri contesti, una guerra santa contro gli evangelici che certamente, in tale sciagurata evenienza, invece di indebolirli sarebbero stati sospinti a stringersi compatti attorno al loro credo per sostenere da veri discepoli la lotta religiosa.

Una risposta venne solo dalla Giunta comunale. In contrapposizione alla scuola aperta dagli evangelici l'Amministrazione dell'epoca istituì un corso serale affidandone la gestione a padre don Concetto Barbera.  

Per sottolineare meglio la grande apertura mentale della popolazione di Mandanici nei confronti di un culto che per lo Stato italiano era solo tollerato e non ammesso basti ricordare come con quanta lungimiranza l’Amministrazione dell’epoca, su specifica richiesta del Ministro evangelico Gaetano Scuderi, gli concesse uno spazio all’interno del cimitero comunale ove costruire una cappella destinata esclusivamente alla tumulazione dei protestanti che pur essendo una minoranza avevano tutti i sacrosanti diritti di essere tutelati e garantiti dalle istituzioni.

Anche questo spazio riservato era un modo efficace per rafforzare lo spirito di appartenenza dei tanti componenti della famiglia evangelica.

Mandanici con la sua vocazione laica anticipava i tempi ponendo il problema della laicità dello Stato e non si atteneva alle disposizioni dell’art. 1 dello Statuto Albertino del 4 marzo 1848 che prevedeva nella cattolica la sola religione di Stato,mentre gli altri culti esistenti erano tollerati conformemente alle leggi.

La costituzione siciliana dell’11 febbraio 1848 promulgata dal cattolicissimo Ferdinando II era ancora più dura nei confronti delle confessioni diverse dalla cattolica infatti all’art. 3 si affermava che “ l’unica religione dello Stato sarà sempre la cristiana cattolica apostolica romana,senza che possa mai essere permesso l’esercizio di alcun’altra religione”. Il Re soleva dire che il Regno era difeso per tre parti dall’acqua di mare per il quarto rimanente dall’acqua santa. In questa situazione non era certamente facile non essere cattolici,solo gli spiriti liberi seppero contrastare questi regali eccessi confessionali.  

La delibera di concessione dell’area cimiteriale per la costruzione di una edicola funeraria è del 17 ottobre 1885 in seguito alla richiesta dello Scuderi che era del tenore seguente: ”ai signori componenti la giunta municipale di Mandanici. Come le SS.VV. non isconoscono in questo pubblico cimitero e propriamente nel quadrato destinato agli acattolici,trovansi seppelliti gli avanzi della figlia del sottoscritto Giuseppina decessa nel gennaro dell’anno 1884; ed or siccome lo scrivente Ministro Evangelico nutre il desiderio,che accanto alla tomba della propria figlia eriga una edicola per così in seguito venire seppellite altre persone della sua famiglia e sino al grado di parentela consentito dal Regolamento mortuario di questo Comune, prega le SS.VV. perché si piacciano accordare l’analogo permesso per tanto praticare dichiarando essere pronto a fare il pagamento per indennizzo dell’espropria terreno che sarà per occupare per la costruzione di detta edicola,sottoponendosi a tutti gli obblighi che gli verranno imposti e consentiti dalle leggi generali e relativo regolamento. Mandanici 15 settembre 1885 firmato Gaetano Scuderi Ministro evangelico”

Essendo l’edicola completamente abbandonata, nel pieno degrado ambientale e di pericolo per la pubblica incolumità nel novembre del 1993  il Sindaco di allora Giuseppe Magaraci ordinò la traslazione dei quattro scheletri ivi presenti facendoli inumare nella fossa comune presente nella chiesetta cimiteriale e con altra ordinanza diede incarico alla ditta locale di Carmelo Scoglio di provvedere ai lavori di demolizione.

Nel 1998 la signora Ada Petrelluzzi da Pietrasanta erede di Gaetano Scuderi  contestò al Comune l’avvenuta demolizione. Essendo però abbondantemente scaduti i tempi della concessione, senza che sia mai pervenuta richiesta di rinnovo, ed essendo andati a vuoto tutti i tentativi di ricerca degli eventuali eredi titolari della concessione, l’Amministrazione per prevenire guai peggiori ha ritenuto giusto procedere alla demolizione. La vertenza prima di iniziare  sembra comunque essersi bonariamente chiusa. 

Nel frattempo Giuseppe cresceva, divenne un bel giovine e fu arruolato nella marina militare a diciotto anni per il servizio di leva obbligatorio di 48 mesi. Dopo un primo addestramento sulla corazzata Italia partì a dicembre del 1897 in giro per il mondo a bordo dell’unità della regia marina l’incrociatore protetto (corazzato) Calabria.

Il Calabria, del quale il nostro marinaio ci ha lasciato qualche foto, a differenza delle altri navi della Classe Regioni, aveva tre alberi e un solo fumaiolo. Aveva una lunghezza di mt. 81 e la larghezza di mt. 12,71. Durante la guerra lampo ispano-americana fu destinato al mar delle Antille a salvaguardia degli interessi italiani. Questa nave rappresentò per Giuseppe la sua casa per circa due anni, i suoi commilitoni la sua famiglia.

Per trascorrere il tempo si dedicò alla tenuta di un suo personale diario di bordo dal titolo Campagna d’America nel quale annotò le sue emozioni, le sue sensazioni, gli avvenimenti a cui assistette, la bellezza dei paesi visitati.  

Che non sia stato per lui un divertimento il servizio militare di leva si legge a margine di una foto scattata nell’ospedale di bordo della nave dove annota “il periodo della vita militare che lascia grato ricordo nell’animo di un soldato è quello in cui egli può passarla nell’ospedale sia o si dica ammalato. Tranquillo lungi dall’orgia perfida,al sicuro delle persecuzioni dei superiori

Nonostante l’insofferenza per il servizio militare lo svolse in maniera ineccepibile.

Emilio Franzina nella sua prefazione al diario trascritto interamente da Giulio Vicentini scrive di La Scala: “Ad onta delle sue simpatie socialiste,La Scala non è poi,propriamente,un sovversivo e registra senza approvarli,ma con spirito acuto di comprensione tanti episodi inerenti la missione del Calabria che mettono in luce le mille contraddizioni del fenomeno migratorio gestito invece a senso unico”.  

Finito il 31 dicembre 1899 il lungo servizio militare di leva Giuseppe mette su famiglia sposando, alcuni mesi dopo lo sbarco, Erminia Carmela Argiroffi residente nella vicina Roccalumera ma certamente nel cognome ci sono gli elementi sufficienti per considerarla originaria di Mandanici. Decidono di abitare a Mandanici nella casa antistante la sala evangelica, oggi di proprietà di Carmelo Famà, diventa così inevitabile e naturale per lui riallacciare i rapporti di fede con i fratelli Costantino e Malachia Scuderi.

Nel 1902 aiuta Malachia Scuderi nella sua opera di evangelizzazione e nel febbraio del 1904 dà la sua adesione formale alla Chiesa metodista e con l'aiuto del Presidente anziano Stasio contribuisce all'apertura di una nuova sala nella vicina Nizza di Sicilia.

Il 28 aprile 1905 avendo dimostrato tutte le sue capacità di predicazione venne promosso  “predicatore locale” dal soprintendente W.N.Clark, diventando così il diciannovesimo predicatore locale sui quarantotto complessivamente presenti in Italia.

Nel luglio del 1905 fu eletto consigliere comunale.

Nell'agosto del 1905 essendo partito Malachia Scuderi da Mandanici,l'incarico di predicatore venne affidato a La Scala il quale accettò con tanta paura non essendo sicuro delle sue capacità per l'assolvimento del nuovo gravoso impegno.

Malachia Scuderi morì a Messina il 27 novembre 1907 e “il popolo da lui educato” pose una lapide sulla facciata della casa paterna ove pure si trovava la sala evangelica.

Negli anni che vanno dal 1907 al 1911 Giuseppe La Scala si interessò della diaspora abruzzese con sede in Atessa,successivamente fu trasferito a Brancaleone in provincia di Reggio Calabria e dopo meno di un anno a Reggio Calabria.  

Il 23 maggio del 1909 ricevette a Venezia l’ordinazione a Diacono della chiesa metodista episcopale (Methodist Episcopall Church) dalle mani del Vescovo Earl Cranston. Nel diploma di nomina sul nome Giuseppe sono evidenti i tre puntini della crittografia massonica che andrebbero meglio approfonditi in quanto La Scala venne iniziato alla loggia massonica “Michele Bello” di Siderno solo il 25 aprile 1911 come apprendista,l’8 gennaio del 1912 fu promosso a compagno d’arte (secondo grado della gerarchia massonica) e anche a maestro (terzo e ultimo grado indispensabile per accedere ai riti massonici). E’ noto come in Italia numerosi pastori metodisti appartenenti alla missione episcopale trovarono ospitalità nei templi massonici. La Scala fu uno di questi insieme al battista Bruno Saccomani e non si capisce il perché considerato che i metodisti e i protestanti in generale hanno guardato con una certa diffidenza la massoneria legata a troppi segreti e a correnti di pensiero positiviste e deiste come annota Augusto Comba nel suo volume “Valdesi e massoneria. Due minoranze a confronto” edito da Claudiana nel 2000. Sembra comunque quasi certo che La Scala fosse un massone almeno in questa fase della sua vita.  

L’11 maggio del 1913 a Napoli fu ordinato Anziano (Elder) dal Vescovo predicatore John Louis Nuelsen cittadino tedesco e statunitense. In questo secondo diploma non compaiono i tre puntini sul nome Giuseppe né altrove.  

L’Italia entrò nella prima guerra mondiale e Giuseppe ormai avanti negli anni fu richiamato alle armi.

Il 31 marzo del 1916 partì da Reggio Calabria, ove esercitava il suo ministero di Anziano metodista e dove risiedeva con la sua numerosa famiglia fin dal 1912, per andare al fronte.  

Nel febbraio del 1918 gli furono conferiti dal Ministero della difesa i gradi di Tenente cappellano.  

Nell’aprile del 1918 mentre si trovava sotto le armi come cappellano ricevette la notizia che la conferenza annuale metodista lo aveva nominato Ministro sotto prova. Il nuovo incarico lo stimolò ad affrontare al meglio i nuovi impegni che gli furono affidati e spero che il Signore mi darà la capacità e la possibilità di assolverli.  

Il suo impegno di cappellano militare con il grado di Tenente durò dal primo febbraio del 1918 al 20 febbraio 1919 quando con sollievo annota ebbi anch’io il congedo.

Fu uno dei tre cappellani metodisti, insieme a Ferreri e Postici, nominati dal Ministero della guerra per assistere i soldati evangelici in prima linea.

Non dimenticando le sue attitudini di discreto narratore tenne un nuovo diario dal titolo Guerra al regno della guerra .Con molta umiltà sulla qualità della sua scrittura e un pizzico d’invidia in un passo del diario del 19 maggio 1916 scrive: “ vorrei possedere la penna di De Amicis o di Luigi Barzini per poter descrivere a tinte vive e fedeli ciò che in questo momento si svolge davanti a me nella vasta zona che si può abbracciare da quassù”. Nella semplicità e linearità della sua scrittura c’è lo specchio del suo modo di essere disponibile,generoso e disinteressato al servizio di Dio.  

Nel suo diario abbiamo avuto la possibilità di leggere sprazzi di  storie vere della prima guerra mondiale diligentemente raccontate da chi l’ha dovuta subire e non quella raccontata dagli storici o dai vincitori che comodamente seduti a tavolino ci hanno propinato.  

In una sua riflessione del 15 maggio 1916, dopo il bombardamento di Asiago lascia trasparire tutte le sue inquietudini sulla bruttezza della guerra che scaglia inconsideratamente fratelli contro fratelli

Riflessioni cristiane che si sono accentuate dopo la notizia del suo trasferimento come pastore evangelico alla 12^ compagnia di sanità che avvenne il 31 maggio del 1916.  

Dopo qualche anno trascorso tra Palermo, Taormina (in convalescenza) e Reggio Calabria dovette rientrare al fronte ridiventando patriota perché Dio ha disposto che io ancora dia il mio modesto contributo a questa grande lotta che si combatte per il trionfo della libertà,della giustizia e della pace nel mondo.  

La prima cosa che ci ha colpiti leggendo e rileggendo il diario è la mancanza di qualsiasi riferimento al suo paese natale Mandanici. Non sappiamo se l’omissione sia voluta o solo involontaria.

Qualche riferimento indiretto a Mandanici lo si riscontra negli incontri voluti e casuali avuti con alcuni compaesani sui fronti di guerra. Peppe Mafale incontrato a Giarabassa il 5 marzo del 1918  senza aggiunta di osservazioni se non che è diventato suo attendente . Giovannino Argiroffi, che diventerà Sindaco di Mandanici alla caduta del fascismo, ateo ,impenitente, sprezzante, ed oggi, tre anni di esperienze spirituali, di sofferenze, di pericoli lo hanno mutato. Proprio mutato perché è calmo, paziente, sereno e fiducioso. Oh la potenza della fede! e suo fratello Ciccio Argiroffi un po’ in mal arnese stando su in trincea, però è sano e molto tranquillo. Sembra acclimatato. Il caporal maggiore Manlio Scuderi incontrato il 15 maggio del 1918 a nord di Asolo in una casa colonica e il 24 ottobre in una stretta trincea fangosa poi deceduto il 29 ottobre 1918 colpito da una pallottola in gola nell’attacco del Fener e poi rivede, questa volta nei ricordi giovanili, il suo compagno di fede Costantino Scuderi anima santa di eroe,e, nella rievocazione, mi trovo con lui attraverso i vari paesi nostri portatore di una parola di elevazione e di redenzione. Ma quanta distanza da quei giorni,quanti avvenimenti! Costantino scomparso, io lanciato in diversa via, anch’essa santa, certamente più santa ed  oggi soldato,quassù combattente per la buona causa.  

Costantino Scuderi sembra sia rimasto vittima a Messina durante il terremoto del dicembre 1908.

Il 5 novembre 1918 annota con enfasi nel suo diario: Finita! Che parola magica! Par quasi di sognare! Tre anni e mezzo di guerra, di dolore, di spasimi, di trepidazioni, di pericoli son passati! Ecco la fine e con essa la gloria,il trionfo! E con essa la liberazione dei fratelli oppressi e la pace completa, definitiva, duratura! Ecco la fine della nostra guerra che preludia, perché l’accelera, la fine di tutta la guerra mondiale! E’ un miracolo!un miracolo! Non è sogno ma gloriosa realtà!  

Finita la guerra Giuseppe La Scala tornò a Reggio Calabria a continuare il suo apostolato di pastore metodista apprezzato e amato dai suoi confratelli.

Riuscì a superare nel 1920 una grave e lunga malattia dovuta molto probabilmente alla cosiddetta  spagnola che in quell'anno infuriava mietendo numerose vittime.

Per una persona normale sarebbe più che sufficiente per tirare i remi in barca e trascorrere il resto della vita in tranquillità, ma il nostro pastore evangelico ancora ha molto lavoro da fare al servizio della gente.

Il nostro compaesano, infatti, nel 1927 fu inviato a prestare la sua opera di evangelizzazione a Genova-Sestri levante e nel 1932 nella città di Napoli,in Via Cimbri, fino al 1936 quando fu collocato in pensione (emeritato) per raggiunti limiti di età.  

Nel 1932, in pieno regime fascista, diede alle stampe “culti ammessi, non più tollerati” stampato dalla tipografia Portosalvo di Via Canestrani 5 in Napoli.

Sentì l'esigenza di pubblicare l'opuscoletto,composto da sedici pagine, “poiché accade di imbattersi in taluni sconsigliati i quali credono sia lecito offendere e ostacolare l'opera delle nostre Chiese,qualche volta anche,abusando,in nome del fascismo,di cui,se pure portano il distintivo,certamente non hanno compreso né la dottrina,né lo spirito,crediamo utile e opportuno dire la nostra parola”

E' una dura reprimenda contro la Chiesa cattolica che a suo dire intende tenere i cattolici lontani dai protestanti “per evitare il contagio e per garantirsi l'assoluta presenza sul territorio nazionale. Per  ottenere questi risultati la Chiesa cattolica utilizzava, a dire di La Scala, argomentazioni fuori di ogni logica. I protestanti venivano accusati di essere d'importazione straniera dimenticando che Dio non ha Patria; sono stati accusati di antitalianità pur sapendo che i protestanti sono stati da sempre leali sia verso la Patria sia sui campi di lavoro e sia su quelli dell'onore; sono stati accusati di essere antifascisti, anche ciò per La Scala non risulta al vero anzi questo atteggiamento della Chiesa cattolica è “falso e tendenzioso!”  

Con la legge del 24 giugno 1929 i vari culti acattolici furono dichiarati ammessi e non più tollerati pertanto vennero a crollare tutte le insinuazioni poste in essere dai cattolici.

I protestanti furono grati al governo fascista per le nuove leggi emanate  “fedeli ed obbedienti alle leggi dello Stato e si sentono onorati di potere cooperare allo sviluppo della Patria”e si auguravano che l'Italia “possa divenire,spiritualmente e moralmente,la prima nazione del mondo,come lo è per la magnificenza del suo cielo,del suo mare e della sua natura

L'essere stato collocato in pensione non fermò la sua attività di evangelizzazione e di organizzazione dei fratelli più giovani. Dopo essersi avvicinato al suo paese natio si mise a disposizione dei fratelli evangelici di Rocchenere e di Roccalumera nonchè di quelli di Messina tanto da essere ricordato dal pastore Colucci nelle sue relazioni annuali come esempio per gli altri pieno com'era di una dirittura morale alta e ineccepibile.  

Nel novembre del 1943 a Mandanici si verificò una grossa manifestazione di protesta contro il Sindaco Giovanni Argiroffi,nominato dal Governo alleato nell'agosto dello stesso anno. In quella occasione i reali Carabinieri andarono giù di brutto nei confronti dei manifestanti tra i quali molte donne. Il nostro Peppino sentendo tutta quella confusione uscì in strada cercando di calmare gli animi ma nello stesso tempo  con atteggiamento severo e critico si rivolse ai carabinieri affinché non fossero toccate nemmeno con un dito le donne che dimostravano ed in particolare tutelò una sua vicina di casa “a zzà Cicca” la zia Francesca che veniva spintonata con veemenza. Di fronte a quella imponente figura i reali abbassarono il tono del loro intervento nei confronti di tutti.

Subito dopo la fine del conflitto della seconda guerra mondiale fu richiamato nuovamente dalla sua Chiesa evangelica a seguire i metodisti di Salerno,cosa che fece con grande impegno dal 1947 al 1951 lasciando di se apprezzamenti ampiamente riconosciuti in quanti ebbero il piacere di frequentarlo.

Durante il periodo della sua evangelizzazione a Salerno diede alle stampe un opuscoletto di otto paginette dal titolo “del cambiare religione”edito dalla Chiesa evangelica di Salerno-Grafica Di Giacomo. Attaccò con veemenza la Chiesa cattolica quando questa invita i propri credenti a non cambiare religione,a conservare la religione dei loro padri. La Scala sottolinea nel suo opuscoletto che “non è cambiare religione passare dal papismo alla religione evangelica. E',invece,(cambiare religione) rimanere nell'ambito del Cristianesimo di Cristo,spoglio delle deturpazioni che,attraverso i secoli,ad opera della chiesa romana,si sono venute accumulando,sfigurandolo e dandogli una fisionomia che lo fa somigliare più al fastoso materialistico paganesimo d'altri tempi che al puro,semplice,santo Cristianesimo del Maestro Gesù,degli Apostoli e dei cristiani primitivi”  

Chiusa definitivamente quest'altra fase missionaria del suo apostolato nel 1951 ritornò in Sicilia facendo la spola tra Mandanici e Roccalumera. A Mandanici partecipò attivamente alle campagne politiche facendo dei comizi molto seguiti e apprezzati a favore dei partiti di sinistra non dimenticando le sue radici comuniste. Chiuse gli occhi nel Signore a Roccalumera il 17 agosto del 1961 a causa dei postumi delle ferite riportate in un incidente stradale causato da un motorino mentre passeggiava a piedi.

Giuseppe La Scala è stata una delle più importanti figure di riferimento protestante dell'Italia meridionale,il paese di Mandanici, pertanto, può andare fiero per aver dato i natali a questo illustre concittadino.

I suoi contemporanei forse non lo apprezzarono a sufficienza,i nostri contemporanei hanno l'obbligo storico di rivalutarne l'immagine e il ricordo, magari nella toponomastica con la intestazione a suo nome della strada che collega la fontana Terranova al corso Mazzullo,strada ove il nostro venne alla luce nel lontano 1877.

Bibliografia:

Appunti volanti del prof. Daniele Macris

Appunti volanti della figlia Nina La Scala

Diario di guerra di un cappellano metodista durante la prima guerra mondiale a cura di Giulio Vicentini con la prefazione di Giorgio Rochat

Diario di un marinaio di leva a cura di Giulio Vicentini con la prefazione di Emilio Franzina

Delibera di G.M. n.316 del 19-11-1994

Ricordi da fonti orali

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